Iannis Xenakis: la matematica nella musica del Novecento

di Silvana Barbacci da http://matematica.uni-bocconi.it1

“L’artista gioca con le forme proprio come lo scienziato o il credente. Il musicista lo fa in modo ancor più sistematico, poiché vive simultaneamente nel microcosmo del suono e nel macrocosmo delle architetture più vaste, come se si trovasse in una millefoglie fatta di strati trasparenti in tutti i sensi”.

Con queste parole Xenakis sintetizza l’essenza del suo lavoro di musicista scaturito dall’intreccio delle sue grandi passioni: la matematica e l’architettura.
Denominatore comune lo spazio. Uno spazio in cui Xenakis ha espresso quella che riteneva una necessità assoluta per la sopravvivenza della specie umana, anzi probabilmente dello stesso cosmo, cioè quella di poter creare, inventare, essere originali.

Xenakis, che si è recentemente spento all’età di 78 anni a Parigi, è stato uno degli esponenti più radicali e incisivi delle avanguardie musicali del ‘900. Personalità eclettica, è stato protagonista di una vita avventurosa. Membro della Resistenza e impegnato nella lotta per l’indipendenza della Grecia, viene imprigionato più volte fino alla condanna a morte nel 1947 cui si sottrae fuggendo in Francia. Qui collabora come architetto2 e ingegnere con Le Corbusier. Contemporaneamente compie studi di musica ma in modo saltuario, poiché non sente sua la dimensione all’interno degli schemi rigidi del contrappunto e dell’armonia. Le cose cambiano nel 1951, quando al conservatorio di Parigi incontra Olivier Massiaen che lo spinge a percorrere la strada di una ricerca interdisciplinare che esprimerà in musica la sintesi di scoperte che attingono a vari campi del sapere umano: fisica, matematica, biologia, filosofia, archeologia. In particolare la matematica diventa una via di esplorazione del mondo, di scoperta di forme e di regolarità, ma anche di modalità per descrivere il caos e l’entropia.

Al binomio musica-matematica Xenakis lavora sia da un punto di vista pratico che di ricerca teorica. Compone partiture che traggono elementi di ispirazione e di realizzazione tecnica da strumenti come il calcolo della probabilità, la teoria degli insiemi e dei gruppi. Introduce nuovi elementi teorici come il concetto di musica stocastica, musica simbolica, masse musicali. Cerca corrispondenze fra elementi geometrici dello spazio e suoni, come accade in “Metastasis” (1953-1954), capolavoro d’esordio, esplora la logica dell’incerto attraverso il calcolo delle probabilità in “Pithoprakta” (1955-1956) dove gli addensamenti di suoni sono l’espressione della ricerca sulle leggi che regolano i grandi numeri, cerca di rendere fisicamente percepibili le leggi stocastiche che si trasformano in strumenti di previsione, di circoscrizione dell’asimmetria e della casualità del reale in “Achopirris” (1956-57), quasi a voler costruire nuove forme premendo sulla ripartizione probabilistica dei suoni fino a far emergere un vero e proprio dramma dalle note.

Ma la strada della sperimentazione presto si apre alle nuove prospettive offerte dalla matematica applicata: Xenakis è uno dei primi a utilizzare l’informatica3 e il calcolatore per la composizione musicale, da “Orient-Occident” (1960) fino a “La Légende D’Eer” (1977), e a compiere un’avanzata ricerca nel campo della commistione fra elettronica e strumenti acustici, come in “Analogiques A et B” per cui inventa il termine di “musica stocastica markoviana”. E lavora anche a opere multimediali come i “Polytopes”4, installazioni musicali, miscela di suoni e luci, che scaturiscono dall’integrazione di architettura, nuove tecnologie, immagini proiettate. Con un inarrestabile spirito di ricerca, Xenakis ricorre ancora alla scienza quando si occupa di percettologia, per indagare come il sistema “sensi-cervello” percepisce la realtà e la applica, fra le altre cose, a sperimentazioni sullo studio delle posizioni degli ascoltatori e dell’uso dello spazio nelle sale d’ascolto. Xenakis chiude il ‘900 lasciando una traccia profonda, segnata dalla sua poliedrica e infaticabile ricerca e dalla sua musica, che, dietro una “sonorità oggettiva”, ancora più forte quando si ispira a asettiche teorie matematiche, lascia erompere, come uno scoppio fragoroso dopo il silenzio, una visione drammatica della realtà sospesa nell’intervallo fra il passato remoto e il futuro estremo, il tempo per il dipanarsi della storia dell’uomo.

  1. PRISTEM – Eleusi dell’Università Bocconi di Milano.
    L’acronimo P.RI.ST.EM sta a indicare il “Progetto Ricerche Storiche E Metodologiche”. []
  2. Il forte legame fra musica e architettura, che ha come denominatore comune lo spazio, si esprime in alcune opere architettoniche di Xenakis, come il Convento di St. Marie de la Tourette, un monastero domenicano vicino a Lione, e il padiglione Philips all’Esposizione mondiale di Bruxelles del 1958. Nel primo lavoro, per cui fu incaricato di progettare le facciate, Xenakis usò il vetro ispirandosi al concetto musicale di polifonia, ottenendo quelli che Le Corbusier definì “schermi musicali di vetro”. Per la realizzazione del padiglione Philips si ispirò invece alla struttura che animava la sua partitura musicale “Metastasis”. []
  3. Xenakis è stato uno dei primi musicisti a sperimentare tecniche compositive algoritmiche e a lavorare sulla sintesi digitale basata sulla generazione e variazione delle forme d’onda. Ha utilizzato l’elettronica e l’informatica per studiare la “struttura” del suono, come risultato di una rete di energie correlate, e verificarne le sue potenzialità. Ha fondato due centri di ricerca, nel 1965 e 1967: rispettivamente il Cemamu (Centre de Mathématique e Automatique Musicales) di Parigi e il Cmam (Center for Mathematical and Automated Music), presso l’Università dell’Indiana. []
  4. I Polytopes sono “installazioni” musicali, cioè sonorizzazioni di ambienti alla cui realizzazione concorrono diversi elementi: architettura, luci, fasci laser, immagini proiettate o la stessa natura del luogo.
    Xenakis ha creato Polytopes per il padiglione francese dell’Esposizione di Montréal (1967), per lo spettacolo Persepolis (Iran, 1971) e ha realizzato il Polytpope di Cluny (Parigi, 1972), il Polytope di Micene (1978), il Diatope in occasione dell’inaugurazione del Centro George Pompidou (Parigi, 1978).
    Del Polytope di Persepoli, Xenakis diceva: “Il pubblico era collocato sull’Apadana, ma aveva di fronte a sé, nella notte, come uno schermo gigantesco, la collina. Lassù avevo piazzato delle specie di filamenti luminosi realizzati con fari di automobile, naturalmente senza le automobili, collegati tra loro, e anche con luci in movimento […]. Poi ho fatto accendere dei fuochi con il petrolio, e tutto ciò all’aperto, perché non si poteva disporre di tecnologie al di fuori della musica che avevo preparato”. []
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